domenica 30 settembre 2012

Napoletani ed Arabi




Lingua napoletana e araba vicine di casa
di
Emanuela Barretta

Il napoletano è una lingua che deve molti dei sui vocaboli non sono alle lingue di derivazione europea, ma anche all'arabo e sarà divertente scoprire i veri significati di termini come 'Paposcia' o il famosissimo 'Mammone', terrore per i bambini partenopei più irrequieti.

Avreste mai pensato che la lingua napoletana, patrimonio dell’Unesco  e fonte di ispirazione per poeti, scrittori e cantanti, debba una parte del suo vocabolario alla contorta e complicata lingua dei califfi e degli sceicchi, ossia l’arabo? Infatti oltre alle influenze spagnole, greche, francesi e latine, il territorio napoletano è stato toccato anche dalla lingua semitica per eccellenza,  appunto l’arabo attraverso gli intensi scambi commerciali che il Regno di Napoli intratteneva beatamente con i paesi nordafricani.
Un esempio può essere la parola “Paposcia” che oltre a designare una semplice pantofola vecchia e consunta, e sinonimo di ernia scrotale, deriva dall’arabo “bābūğ”, la classica calzatura orientale con la punta all’insù.
Oppure la stessa parola “Tamarro” deriva dall’arabo “al-tammār” con significato originario di “mercante di datteri”, e in seguito alla dominazione araba nel sud Italia si è trasformata in “zotico, insulso, maleducato”.
Che dire invece del famigerato  “mammone”, con il quale le madri terrorizzavano gli esuberanti bambini napoletani, simboleggiante un mostro rapitore? Questa parola non deriva altro che dall’arabo “Maymūn”  riferendosi semplicemente  a un grosso scimmione.
Altro demone o spiritello maligno è il napoletano “farfariello”, con il quale Dante si riferiva al diavolo e diffusosi anche da noi con lo stesso significato. “O farfariello” deve quindi la sua origine dall’arabo “Farfar” ossia demonio, spirito maligno.
E la “vaiassa” invece? In origine questa parola aveva un significato totalmente diverso da quello attuale, ossia donna incivile, sguaiata e volgare. Infatti in origine la “vaiassa” non era altro che la serva di Casa ed etimologicamente la parola deriva dall’arabo “Bargash” indicante la giovane schiava straniera, fatta preda di guerra o di razzia.
E quando diamo a qualcuno l’appellativo di “bazzariota” riferendoci alla poca onestà e al suo scarso impegno? Ebbene questa parola non deriva altro che da “bazaar”, il tipico mercato orientale, pieno di venditori ambulanti di merci dalla discutibile affidabilità.
Quindi, quando vi recherete nei paesi arabi non dimenticate queste parole, potrebbero esservi d’aiuto, non si sa mai!