lunedì 26 marzo 2012

Il Carditello violentato dalle mafie



Carditello, la reggia borbonica sfregiata
per affermare il dominio dell'anti-Stato


L'edificio storico offeso da un sacco continuo:
«Volontà di sfregio e di umiliazione simbolica»


Come ha scritto ieri Gian Antonio Stella sul «Corriere della Sera», a Carditello è in questione l'onore dello Stato. La devastazione è così totale, così umiliante, così continua da diventare un simbolo dell'umiliazione della legge e della dignità dello Stato: cioè di noi tutti. Non è incuria, né solo rapina: è piuttosto una distruzione volontaria, tenace e pianificata. E sono proprio questi caratteri a collegare il sacco di Carditello alla camorra: oltre al bestiale desiderio di impadronirsi di gradini di marmo, brandelli di affreschi, e mattonelle antiche c'è infatti una volontà di sfregio e di umiliazione simbolica, che sembra voler affermare il pieno dominio dell'anti-Stato sul territorio.
Proprio da qui, tuttavia, può venire una paradossale lezione per tutti noi. Siamo ormai abituati a connettere il patrimonio storico e artistico non alla politica, all'educazione civica o alla costruzione di una cittadinanza consapevole, ma invece allo svago, al divertimento, al superfluo. O, ancora, a considerarlo un pozzo di petrolio: da tutelare solo in quanto si può sfruttare, da curare solo quando sia redditizio.





Carditello, gli sfregi alla reggia
              
I vandali criminali di Carditello rischiano, invece, di aver capito meglio di noi quale sia il vero ruolo della storia dell'arte e dei monumenti: essi li odiano e li distruggono perché sanno leggerli come noi non sappiamo più fare. Li odiano perché nella bellezza, nell'ordine e nella gratuità della reggia borbonica vedono l'unico segno che ancora connette quel territorio alla civiltà. Ciò che, infatti, rende Carditello uno dei casi più esemplari del suicidio dell'Italia, è il fatto che in quel luogo si intrecciano in un nodo indissolubile la distruzione dell'ambiente (avvelenato capillarmente dai rifiuti tossici che inquinano la catena alimentare, condannandoci), quella del paesaggio (devastato dalla terrificante catena montuosa delle discariche), e quella del patrimonio artistico. Si fatica spesso a spiegare l'unità profonda che lega, storicamente e materialmente, questi tre profili del volto del nostro paese. Ecco, a Carditello questa idea, solo apparentemente astratta, diventa concreta: orribilmente concreta. Tutti speriamo che il ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi trovi proprio in Carditello l'occasione di imprimere una svolta al suo mandato, fin qui assai opaco. Quasi qualunque decisione sarebbe meglio dell'ignavia collettiva dimostrata da tutte le istituzioni che hanno perso la faccia nella vicenda: dal Consorzio di bonifica del Volturno, al Banco di Napoli, alla Soprintendenza di Caserta e allo stesso Mibac. La soluzione potrebbe passare attraverso una sorta di riscatto a spese pubbliche, o attraverso una severa responsabilizzazione dei privati che di fatto la posseggono: ciò che conta veramente è che lo Stato riaffermi al più presto la propria dignità e il proprio onore.



Carditello, «Venaria del Sud» in degrado: foto

                       
Cioè: la nostra dignità e il nostro onore. Una delle cose che fa più impressione, visitando Carditello e il suo territorio, e che mentre nessuno monta la guardia alla reggia, l'esercito controlla in modo assai efficiente le vicinissime discariche, apostrofando con durezza i cronisti e gli studiosi che usano le macchine fotografiche per documentare lo scempio. Grandi cartelli gialli avvertono che le fotografie sono proibite perché le discariche sono «di interesse nazionale strategico», e dunque sono protette da «sorveglianza armata». Per noi, insomma, non è Carditello, non è il patrimonio storico e artistico ad essere strategico per il futuro del Paese. Mentre lo sono la monnezza e i suoi criminosi affari. E — come dice il Vangelo — dove è il nostro tesoro, là sarà anche il nostro cuore.

 FONTE:
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
Tomaso Montanari
21 marzo 2012




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Il ministro Ornaghi in visita a Carditello
Il titolare del dicastero dei beni culturali ha svolto
un sopralluogo al real sito borbonico messo all'asta



CASERTA - Dopo l'enorme attenzione mediatica posta sulle condizioni di assoluto degrado in cui versa il real sito borbonico di Carditello, nel Casertano, il ministro dei beni culturali, Lorenzo Ornaghi, si è recato a visitare la piccola reggia, oggetto di una procedura di vendita all'asta presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a causa dei debiti che l'ente proprietario del sito, il Consorzio di bonifica del Basso Volturno, ha accumulato nei confronti delle banche.
La rabbia e la tristezza ci sono. E il ministro dei Beni Culturali, Lorenzo Ornaghi, non le nasconde. Usa proprio questi termini per descrivere la storia della Reggia di Carditello, gioiello dell'architettura settecentesca oggi emblema del degrado. La «Reale Delizia», un tempo paradiso dei Borbone, oggi è soffocata da saccheggi, discariche, incuria. Ed è pure finita all'asta, per 15 milioni di euro. Ma «da oggi», dice lo stesso Ornaghi, «si vede il futuro di Carditello». Ornaghi, quella Reggia, costruita da Francesco Collecini, allievo di Vanvitelli, che un tempo era circondata da boschi, allevamenti e oggi da discariche, e dove è stato saccheggiato di tutto e anche di più, l'ha voluta vedere di persona. E quando è arrivato nella sede della Prefettura di Caserta ha esordito così: «Credo che nessun cittadino di questa terra, nessun cittadino italiano che veda le condizioni della Reggia possa non sentire il cuore gonfio di rabbia e di tristezza per il degrado che i decenni hanno provocato». La Reggia non «è di proprietà dello Stato», ha ricordato Ornaghi. E in effetti l'ente proprietario è il Consorzio di Bonifica del BassoVolturno, controllato dalla Regione Campania, che naviga in pessime acque e ha debiti verso l'ex banco di Napoli per 32 milioni di euro; soldi che dovrebbero arrivare appunto dalla vendita del sito. La vendita, appunto. Il prossimo 29 marzo, dopo la seduta dell'asta andata deserta lo scorso 15 marzo, c'è un altro appuntamento con una base che potrà essere ulteriormente ribassata, almeno di un quarto, rendendo di fatto il tutto più appetibile ai privati. È anche questo il timore di parecchi nella terra di Gomorra, appetibile per qualche boss. L'asta, Ornaghi non lascia margine, si farà. «Bisogna considerare il più realisticamente possibile la procedura - ha spiegato il ministro - le forme con cui togliere dal mercato questo bene culturale. Credo che sia estremamente difficile per la ristrettezza dei tempi, ma soprattutto per fattori che attengono al campo del diritto sospendere la prossima asta, perchè i creditori sono numerosi e ne occorrerebbe il consenso all'unanimità, vediamo cosa succede dopo il 29». Ma una cosa, Ornaghi, la precisa: «Il futuro non si vede dopo il 29, ma oggi». «Dopo il 29 di sicuro c'è l'impegno del Governo a fare in modo che la Reggia torni al suo antico splendore - ha aggiunto - e di farlo in collaborazione stretta con la Regione e gli enti locali». E se proprio dovesse arrivare un'offerta rischiosa, per la Reggia come per il territorio, il ministro rassicura: «Lo Stato ha uno strumento di difesa efficace che è la prelazione, se si dovesse verificare eserciterà questo diritto». C'è, poi, un altro punto, importante, che il futuro della Reggia incassa. Ed è in tavolo con gli Enti locali coordinato dalla Prefettura di Caserta che individuerà le misure di salvaguardia più utili per evitare che lo scempio dei furti continui. Soddisfatto si è detto il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, pronto, insieme agli altri Enti locali, a mettere a punto un piano per la valorizzazione. «Dobbiamo lavorare tutti insieme - ha detto - e dobbiamo fare di tutto». «Felicissimo» il sindaco di San Tammaro, Emiddio Cimmino, che per salvare la Reggia ha pure fatto lo sciopero della fame: «Si comincia a parlare di soluzione per Carditello». Già, si comincia. Ora, e lo ha detto anche Ornaghi, «ci vuole tanta determinazione, da parte di tutti per una situazione che richiede non dichiarazioni di soluzione, ma l'avvio di una concreta soluzione».






FONTE:
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
20 marzo 2012